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CINEMA: 7° ARTE

Cinema

CINEMA: 7° ARTE

a cura di Ernesto  Bonometti
Socio attivo di RICIAK

 

Prima è la pittura. Nel Fezzan (Acacus), nel sud/ovest del deserto Libico ai confini con l’Algeria, che ho visitato, si trovano delle pitture e incisioni rupestri (è il sito pittorico più grande al mondo) che descrivono le cerimonie, i riti e la preparazione alle feste, come il lavaggio dei capelli e acconciature, dove l’artista dell’epoca racconta i momenti comunitari, oltre alla caccia, gli animali, allora, tanto presenti. L’uomo ha sentito, dalla notte dei tempi, la necessità di descrivere la propria vita nella comunità, raccontare per immagini la loro storia, che per fortuna sono arrivate fino a noi. Queste pitture (straordinarie) hanno circa 13.000 anni, scoperte da Fabrizio Mori, archeologo italiano negli anni 50 del secolo scorso.

Il secondo esempio di arte rupestre, e anche il cinema vi si è ispirato, è la Grotta dei Nuotatori. Si trova nel sud-Sahara, tra Egitto, Sudan e Libia. Il film “Il Paziente Inglese” racconta la vicenda del Conte ungherese Lazlo Almasy (interpretato da Ralph Fiennes) quando nel 1933 scoprì questa grotta (oggi molto famosa) e il seguente dramma durante la seconda guerra mondiale. Ovviamente la grotta nel film non è quella originale (creata in studio) ma è solo una piccola incavatura, dove si posso- no ammirare delle splendide pitture di esseri umani che si tuffano e nuotano, altre scene di animali, e scene di caccia, raccontandoci che quei luoghi erano tutto fuorché deserto. Tutto questo ci dice che il genere umano ha voluto lasciarci qualcosa di sé prima della scrittura. Prima di costruirsi le case ci ha tramandato delle immagini (queste hanno 10.000 anni circa) che raccontano la quotidianità dell’epoca. E cos’è il cinema se non immagini in movimento?

Ancora la pittura, quella più “recente”: Caravaggio, perché? E’ considerato, oltre che tra i più grandi, il primo pittore “cinematografico” (forse per questo cosi importante). Lui ha insegnato l’uso della luce. E’ il primo che utilizza fasci di luci e ombre (con i colori, ovvio) per evidenziare e dare spessore a personaggi, comparse, protagonisti e i tratti narrativi dell’opera. Rimando alla visione dei capolavori “La Vocazione di S. Matteo” (come la luce che entra da destra, sembra un faro, che illumina la scena) o alla “Decollazione di S. Giovanni Battista” con la scena centrale e i due spettatori appena “illuminati”.

La Vocazione di S. Matteo

Decollazione di S. Giovanni Battista.

Un altro pittore (per me straordinario), che nella esposizione di martedì al direttivo non ho richiamato (per brevità, ma qui lo voglio citare) è un artista del 900” americano, Edward Hopper. Considerato il più importante autore di quel paese, capace con i suoi quadri “cinematografici” di raccontarci la provincia americana (quasi mai le grandi città), la solitudine, la malinconia e il mal di vivere, almeno ai suoi occhi e sensibilità, della gran parte della società statunitense.

Nighthawks (I nottambuli)

 

House by the railroad (La casa lungo la ferrovia)

Quadri come “Nighthawks (I nottambuli) e la House by the railroad (La casa lungo la ferrovia) sono due esempi come il cinema abbia attinto a questo artista, soprattutto il secondo. Se ricordate il film Psyco, per la casa del protagonista (Norman Bates/Anthony Perkins), Hitchcock si ispirò, per l’immagine del luogo, a questo dipinto.

Quindi, arriviamo alla grammatica del cinema. Il linguaggio per capire il cinema che cos’è? Lo studioso d’arte ti accompagna nella “lettura” di un dipinto, che sia un quadro o un affresco, ti aiuta ad interpretare il suo racconto, ciò che sta “dentro”, i personaggi, il paesaggio o l’ambiente, il contesto storico, la mitologia e la spiritualità. Ti fornisce gli strumenti necessari per apprezzarlo.

Anche per il cinema, abbiamo bisogno di maggiori conoscenze e informazioni per capire, interpretare, “entrare” più in profondità nell’opera filmica. L’esempio della pittura vale per la letteratura (come per tutte le altri arti a seconda dei propri interessi e sensibilità). Un esempio eclatante, per tutto l’anno scorso,  l’approfondimento della Divina Commedia per i 700 anni dalla morte dell’autore. Grazie a tante iniziative che con vari lavori, con studiosi, con il teatro, mostre e altro si è potuto avvicinarci e addentrarci nell’Opera anche a Verona. Opera che è già forse il racconto più importante dell’umanità ma con i disegni di Gustavo Dorè diventa quasi un lavoro filmico. Queste considerazioni valgono per la musica, la danza, l’architettura, la poesia, e cosi via. Ascoltare una sinfonia di Beethoven piuttosto che un opera di Mozart, ma anche una canzone come Imagine di Lennon, descritta da un, chiamiamolo “musicologo”, diviene un’altra esperienza immersiva. E veniamo all’oggi e a noi. Il nostro RI-CIAK sarà alla fine anche un cinema, o diventerà anche il pretesto per creare un luogo d’incontro, di conoscenze. Uno spazio dove potranno incontrarsi artisti di diverse provenienze e discipline, per creare occasioni, eventi dove poter esporre i propri lavori. Penso a gallerie fotografiche, mostre di pittori emergenti, presentazioni di opere letterarie, e tutto ciò che riguarda l’arte a 360°.

Il cinema RI-CIAK sarà, immagino, il luogo dove si proietteranno i film in uscita, ma anche rassegne su e con gli autori (registi), sulla filmografia di tante altre culture e altri paesi, cinema del reale, cicli di film a tema ecc.. per far conoscere in modo più approfondito il linguaggio cinematografico, e che cos’è il cinema. Entrando di più nel merito degli aspetti tecnici/sostanziali: cosa è una sceneggiatura? E’ il punto d’inizio di ogni lavoro filmico. Chi è il regista, di quali competenze si deve avvalere? Alcuni esempi: il direttore della fotografia, assieme al regista e al responsabile delle luci, decidono quali ottiche usare nella macchina da presa, dove posizionare la stessa macchina, quali luci e dove metterle per quella data scena, lo scenografo che sempre con il regista decidono le strutture per gli interni o esterni, il sonoro che mette assieme tutti i dialoghi, suoni, e rumori, la musica che assieme al compositore decidono dove mettere i commenti musicali nei vari momenti del film, i truccatori, per preparare gli attori ad essere coerenti nell’aspetto con la recitazione dell’interprete.

La recitazione: dal teatro greco ad oggi una storia lunga 2500 anni circa. Anche l’interpretazione si fa arte. Ci sono grandi attori che da soli salvano un film. Attori del teatro/ cinema shakespeariano come Laurence Olivier e Anthony Hopkins che con la loro bravura (come del resto un Robert De Niro e  molti altri) hanno dato un contributo fondamentale per il successo di un film.

Cito Hopkins perché ha una specie di primato, quando si dice una grande interpretazione: nel Silenzio degli Innocenti, di Jonathan Demme, (grandissimo regista) recitò solo per 24 minuti in una parte memorabile nel ruolo del dott. Hannibal Lecter, considerando che un protagonista mediamente è in scena per due terzi del film, lui con cosi poco tempo ma con la sua grande capacità, ha dato al suo personaggio tutte le caratteristiche per un ruolo che è entrato nella storia del cinema. Ha vinto il suo primo OSCAR come miglior attore protagonista, il secondo lo vincerà con un’altra straordinaria interpretazione nel film The Father del 2020.

E veniamo all’ultima caratteristica e possibilità tecnica: il montaggio, che non ha eguali nelle altre arti. Per molti film, il tempo impiegato nel montaggio è più lungo rispetto alla stesura della sceneggiatura e delle riprese (il girato). In questa fase il regista e il suo montatore possono “riscrivere” il film. Stravolgerlo, cambiarne le caratteristiche. Durante il montaggio il regista è sempre presente, e in molti casi è lui che rimonta il film con la collaborazione di un “tecnico”. Due esempi per tutti, Federico Fellini e Stanley Kubrick (quest’ultimo, pignolo e perfezionista, decideva anche il colore dei lacci delle scarpe e il controllo di tutto). Da questi pochi accenni, si capisce che la macchina cinematografica all’inizio di ogni lavoro diventa “una comunità” di elementi che si intrecciano tra loro per l’opera finale. Quindi, Ri-Ciak potrà essere una comunità/laboratorio dove si potrà far crescere gli spettatori di oggi, ma soprattutto di domani, con l’ambizione di poter dare gli strumenti per una maggior conoscenza e comprensione dell’opera cinematografica in sala, attraverso ricerche e corsi mirati, con la funzione didattico/educativo per una migliore conoscenza e una miglior interpretazione del linguaggio filmico, per gli spettatori di oggi e del futuro.

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